Indice ed inizio argomento "ricordo di Luca Tonello"
Luca, avevi ancora un’infinità
di cose da realizzare nella tua vita e, soprattutto, da dare a tutti noi: amore,
gentilezza, allegria, generosità. |
IL DELITTO
DI LUCA TONELLO |
LA VERITA' SUL DELITTO DEL SILE
UN ESEMPIO DI
BUONISMO DELLA GIUSTIZIA ITALIANA,
CHE HA AGGRAVATO IL DOLORE DEI FAMIGLIARI DELLA
VITTIMA,
PERCHE' GIUSTIZIA NON E' STATA FATTA.
Luca è stato assassinato la notte del 30.10.2000 in un luogo buio e
isolato lungo il fiume Sile (vedasi esposizione breve
o lunga), in provincia di Treviso.
Lo ha condotto lì la sua ex ragazza, Rossana Bertelli, e poi il
ragazzo di lei, Alessandro Mandalà, lo ha assalito alle spalle e lo ha ucciso, fracassandogli il cranio con vari colpi di mazzetta e
pugnalandolo più volte alla schiena. Assieme a loro c'era anche un terzo uomo,
Gabrio Bertazzoni, che ha seguito un procedimento
giudiziario a parte.
Dalle prime dichiarazioni dei due complici, da una lettera della Bertelli e dalla logica degli avvenimenti, è risultato che il piano per il delitto è stato studiato tra il 29 ed il 30.10 e che il movente era quello di ottenere dei soldi per i divertimenti, soprattutto utilizzando la tessera bancomat di Luca, della quale la Bertelli conosceva il codice segreto (ma non ci sono riusciti).
La madre e la sorella di Luca hanno subito un dolore immenso, che ha colpito
duramente il loro morale ed il loro fisico, e avrebbero avuto bisogno che
la Bertelli fosse giudicata giustamente.
Invece a loro parere, ciò non è avvenuto, per cui il loro
dolore è aumentato e i loro problemi morali e fisici si sono aggravati (vedasi
lettere della madre e della sorella).
Infatti, prendendo in considerazione gli elementi che sono emersi durante il
processo la Bertelli avrebbe dovuto essere condannata ad una pena, ridotta in seguito all'applicazione del rito abbreviato, di 30 anni (con la
possibilità di essere ridotti
a circa 20 per i vari sconti di pena, permessi, ecc.),
che sono comunque pochi per quanto ha fatto.
Invece è stata condannata a soli 16
anni teorici, che in realtà sono stati ridotti a poco più di 10.
Nel primo grado ciò
potrebbe essere avvenuto
perché non è stata contestata la premeditazione, della quale perfino la difesa
ne ha ammesso l'esistenza, pur dichiarandola
non contestabile per problemi procedurali?
In effetti durante l’udienza preliminare l’avvocato di parte civile, dopo averne dimostrato
l’esistenza, ha chiesto che venissero aggiunte le aggravanti della
premeditazione e della minorata difesa. Ma non è stato ascoltato.
La madre di Luca si è
lamentata di questa decisione, inviando un esposto al
Consiglio Superiore della Magistratura, che gli ha risposto di non avere la
competenza di adottare provvedimenti, "trattandosi di censure ad attività
giurisdizionale".
Il 4.8.2003 la madre di Luca ha inviato un'istanza
per
chiedere perchè non ci sarebbe stata la premeditazione, ma non ha avuto alcuna risposta.
E nel secondo grado la minor
condanna potrebbe essere stata applicata
perché il Giudice ha supposto l'esistenza di alcuni "spunti" a favore
della Bertelli, che a suo giudizio avrebbero bilanciato le
aggravanti, ma che non risultano dagli atti del processo?
Il 14.8.2003 la madre di Luca ha inviato un'istanza al Giudice per chiedergli,
tra l'altro, dove risultavano detti "spunti", ma non le è
arrivata alcuna risposta.
Contro quest'ultima sentenza, la Procura Generale di Venezia ha presentato
ricorso per Cassazione, che il 2.10.03 lo ha respinto.
In Italia, purtroppo, le vittime di reati violenti hanno pochi diritti, in barba
alle disposizione dell'Unione Europea, comunque si spera sempre che qualcuno,
almeno, spieghi alla madre di Luca perché non ci sarebbe stata la premeditazione,
nonostante che:
la Bertelli ha dichiarato alla polizia che "con Alessandro ci accordavamo che sarebbe stato meglio ucciderlo, in quanto lasciandolo vivo ci avrebbe sicuramente denunciato" e al GIP che "Da circa una settimana io ed il Mandalà avevamo pensato di rapinare ed anche uccidere il Tonello";
la Bertelli ha scritto in una lettera "... sono io quella che ha ingegnato tutto ... ";
Mandalà ha dichiarato alla polizia che "lei ha ribadito che l'unica soluzione per venire in possesso del bancomat senza avere alcun tipo di complicazione, era quella di ucciderlo ... ";
Il 4.5.2007, essendo venuto a conoscenza
che i due assassini potevano godere di entrate finanziarie, in quanto svolgevano
un'attività lavorativa in carcere che in base alla legge dovrebbe essere
remunerata "in misura non inferiore ai 2/3 del trattamento economico previsto
dai contratti collettivi nazionali", l'avvocato della madre di Luca, ha
presentato un atto di precetto nei
loro confronti per un totale di Euro 347.527,59. Ma non è pervenuta alcuna
risposta.
Il 30.10.08, trascorsi 8 anni dal brutale
assassino di Luca, i giornali locali hanno pubblicato degli
articoli sulla
situazione carceraria dei due assassini , dal quale risulta che "hanno
ottenuto il permesso di lasciare il carcere per andare a lavorare".
In
pratica, nonostante quanto risulta dagli atti del processo, da quanto
pubblicato sembra che i due
assassini non volessero assassinare Luca, ma solo rapinarlo e che, pertanto,
l'assassinio non solo non sia stato premeditato, ma neanche volontario.
Potrebbe essere perché anche i giornali abbiano voluto assecondare il
buonismo della giustizia nei confronti dei due assassini, riducendo le loro
colpe?
Il 20.5.09 al Mandalà è stata concessa la semilibertà, come risulta da un articolo (buonista?) della Tribuna di Treviso del 30.5.09, alla quale ho inviato un e-mail di risposta della sorella di Luca, che non mi risulta pubblicato.
Il 27.10.09, 3 giorni prima del nono anniversario
dell'assassinio di Luca, ho inviato ai giornali locali una relazione sugli atti
del processo per dimostrare che il delitto è stato, almeno, volontario, e
auspicando che, negli eventuali articoli del 30.10.09, pubblicassero la verità
vera.
Ma il 30.10.09 i giornali locali non hanno pubblicato alcun articolo.
Nel maggio 2010 la madre di Luca viene a sapere da una
lettera di un prete datata 27.4.10 e inviata al suo ex avvocato, che da qualche
tempo il Mandalà è stato ammesso all'affidamento in prova ai Servizi Sociali,
per il quale la legge prevede che l'affidato si adoperi in favore della vittima
del suo reato. Infatti nella lettera il prete fa intendere la disponibilità del
Mandalà di offrire "poche decine di euro" per provvedere a quanto stabilito dal
Tribunale di Sorveglianza, in quanto non potrebbe dare di più (ma da quanto
pubblicato sui giornali, sembrerebbe che lui stia lavorando da circa tre anni,
per cui in base alla legge dovrebbe aver goduto di una retribuzione non
inferiore ai 2/3 del trattamento economico previsto dai contratti collettivi
nazionali).
Pertanto non si può non far rilevare che mentre la Chiesa si dimostra molto
disponibile ad aiutare gli assassini, non fa nulla per aiutare le loro vittime.
Per esempio in questo caso il Vescovo di Treviso è andato in carcere a trovare
il Mandalà, ma oltre a non essersi presentato ai funerali di Luca, non ha fatto
pervenire neanche uno scritto di cordoglio a sua madre. Però poco dopo la morte di Luca un prete si
è presentato dalla madre di Luca, per dirle di essere stato incaricato (forse
dal Vescovo?) di organizzare un incontro con i genitori degli assassini di suo
figlio, ma le ha detto di non sentirsi di farlo almeno per allora. Ma poi, per
fortuna, non si
è più presentato.
Quindi sembrerebbe che la Chiesa non solo non faccia nulla per aiutare le vittime di
reati violenti, ma intervenga soltanto per chiedere loro di perdonare i loro assassini.
Intanto la madre di Luca sta ancora aspettando una risposta alle sue istanze
inviate a due magistrati il
4.8.2003 e 14.8.2003.
Aggiornato al 5.3.2012