Indice ed inizio argomento "ricordo di Luca Tonello"
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APPELLO ALLA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI VENEZIA, DELLA BERTELLI |
ECC.MA CORTE DI ASSISE D'APPELLO DI VENEZIA
SEZIONE PENALE
ATTO DI APPELLO
Gli avv.ti Gianluigi e Monica Gallina con studio in Treviso - via Longhin, 12 - procuratori e difensori di Bertelli Rossana nata a Treviso il 22.1.1973 ed ivi residente in via Bertolini, 30, detenuta attualmente presso la Casa circondariale di Venezia, imputata dei reati previsti e puniti dagli artt. 110, 575, 576 n. 1 e 577 primo comma n. 4 - in relazione all'art. 61 n. 1 - e 628 comma terzo n. 1 del Codice Penale perché, in concorso con Mandalà Alessandro e Bertazzoni Gabrio, per impossessarsi di un portafoglio contenente denaro ed altri effetti personali ed in particolare una carta di credito VISA avente n. 122996 rilasciata dalla Banca Popolare di Verona - Banco San Geminiano e San Prospero, sottraendoli a Tonello Luca che li deteneva addosso, al fine di conseguire il corrispondente ingiusto profitto ed in particolare di poter utilizzare la menzionata carta di credito, nonché per assicurarsi l'impunità dello stesso delitto di rapina, aggredivano il predetto Tonello, anche tramite una mazzetta di ferro ed un coltello da caccia, cagionandone la morte determinata da una gravissima lesione traumatica cranio-cerebrale con sfondamento-scoppio del cranio e spappolamento parziale del cervello; fatti aggravati dalla futilità dei motivi, rappresentati dal poter disporre del denaro rapinato al Tonello, e di quello che avrebbero dovuto ottenere utilizzando la carta di credito, in spese voluttuarie e divertimenti.
In Casale sul Sile, località Lughignano, la sera del 30.10.2001
premesso
- che con ordinanza 12.12.2001 gli imputati
Bertelli e Mandalà - stralciato il provvedimento contro il coimputato Bertazzoni Gabrio - venivano ammessi al rito abbreviato e veniva dichiarata la
limitata utilizzabilità e cioè solo nei confronti del soggetto che ha reso le
dichiarazioni in questione, delle dichiarazioni rese da Bertelli Rossana il
31.10.2000 alla P.G., il 3.11.2000 al GIP, il 14.12.2000 al P.M. nonché
quelle rese da Mandalà Alessandro il 21.12.2000 al P.M.;
- che con sentenza n. 39/02 emessa in camera di consiglio ex art. 442 c.p.p. in
data 21.1.2002, depositata l'1.3.02, il GIP del Tribunale di Treviso dott.ssa
Valeria Sanzari, dichiarava Bertelli Rossana, in concorso con Mandalà
Alessandro, responsabile del delitto di cui agli artt. 110, 575, 576 n. 1 e 577
primo comma n. 4 - in relazione all'art. 61 n. 1 - e 628 comma terzo n. c. p.,
unificati dal vicolo della continuazione, e, concesse le attenuanti generiche
equivalenti alle aggravanti contestate, applicato l'aumento per la continuazione
e la riduzione per il rito, condannava la stessa alla pena di anni 16 (sedici) e
mesi 8 (otto) di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali, alla
pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici ed al
risarcimento del danno alla parte civile liquidato in Euro 309.874 oltre alle
spese di costituzione,
propongono
impugnazione avverso le suddette ordinanze e sentenza per i seguenti
Motivi
1) Violazione dell'art. 64 c.p.p. come
modificato dalla L. 1.3.2001 n. 63 e della norma transitoria di cui all'art. 26
della citata Legge.
La difesa di Bertelli Rossana aveva sollevato in sede di discussione di rito
abbreviato in data 12.12.2001 l'eccezione di inutilizzabilità delle
dichiarazioni da questa rese nel corso del procedimento, in quanto assunte in
violazione dell'art. 64 c.p.p..
Il Gip dott.ssa Valeria Sanzari accoglieva solo in parte detta eccezione e con
provvedimento 12.12.2001, pur riconoscendo l'astratta inutilizzabilità delle
spontanee dichiarazioni rese il 31.10.00 da Bertelli Rossana, perché emesse
senza la dovuta presenza del difensore ed il rispetto dell'art. 64 c.p.p.,
tuttavia le riteneva utilizzabili, in quanto integralmente confermate dalla
ragazza avanti il Gip all'udienza di convalida dell'arresto del 3.11.2000;
riteneva poi limitatamente inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla Bertelli
per violazione ex art. 64 lett.c) per la parte cioè in cui ella si riferiva a
soggetti terzi in relazione ai quali non era stata avvisata della qualità di
testimone.
Ebbene tale decisione è assolutamente viziata.
Le dichiarazioni spontanee rese da Bertelli Rossana avanti la P.G. in data
31.10.2000, l'interrogatorio reso avanti al Gip il 3.11.00 e quello reso al P.M.
il 12.12.00 sono assolutamente inutilizzabili per violazione dell'art. 64 c.p.p.
nuova formulazione.
Esse sono antecedenti all'entrata in vigore della legge 1.3.2001 n. 63 che ha
introdotto nuove regole generali per l'interrogatorio, a pena di
inutilizzabilità.
Tale legge, all'art. 26 comma 2, prevede una disciplina transitoria per i
procedimenti ancora nella fase delle indagini preliminari, sancendo la
necessità di rinnovare l'esame dei soggetti indicati nell'art. 64 c.p.p. come
modificato e secondo le forme ivi previste: gli interrogatori citati non sono
stati rinnovati e preceduti dagli ammonimenti di cui alle lettere a), b) e c)
dell'art. 64 c.p.p. pertanto sono inutilizzabili.
Il Giudice ritiene utilizzabili gli interrogatori 3.11.2000 e 12.12.00 resi da
Bertelli Rossana, in quanto, nel primo, avendo dichiarato espressamente che
intendeva rispondere alle domande, ciò implicava che fosse comunque stata resa
edotta in ordine alla facoltà di non rispondere (lettera b); nel secondo, poi,
ella veniva espressamente avvertita della facoltà di non rispondere.
Con tale escamotage il GIP riteneva quindi utilizzabili le spontanee
dichiarazioni rese il 31.10.00 perché integralmente richiamate
nell'interrogatorio 3.11.00.
Tale valutazione è assolutamente incompleta, in quanto l'art. 64 c.p.p.
prevede che la persona che rende l'interrogatorio debba essere avvertita in
ordina a tre circostanze:
a) che le sue dichiarazioni potranno essere utilizzate nei suoi confronti
b) che ha la facoltà di non rispondere ma che comunque il processo seguirà il
suo corso
c) che se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di
altri assumerà l'ufficio di testimone in ordine a tali fatti.
Risulta in tutta evidenza, leggendo le dichiarazioni rese in sede di
convalida di arresto 3.11.2000 e di interrogatorio al P.M. in data 14.12.00, che
il disposto di cui alla lettera a) non sia stato rispettato. Infatti il Gip
nel proprio provvedimento evidenzia solo l'avvenuto rispetto dell'ammonimento di
cui alla lettera b) (peraltro in via del tutto presuntiva per
l'interrogatorio 3.11.00), ma non quello di cui alla lettera a), che non
viene tenuto in considerazione.
Il legislatore conferisce estrema importanza agli avvenimenti indicati nella
nuova formulazione dell'art. 64 c.p.p. e sancisce l'assoluta e radicale
inutilizzabilità delle dichiarazioni rese senza i dovuti avvertimenti di cui
alle lettere a) e b).
L'inutilizzabilità delle dichiarazioni menzionate impone pertanto di
non valutare il loro contenuto e quindi di considerare come espulse dal quadro
probatorio.
Diversamente, si violerebbe quella garanzia difensiva sancita dal
legislatore, cui ha diritto ogni indagato o imputato.
In buona sostanza l'unico interrogatorio utilizzabile nel presente processo
è quello reso da Bertelli Rossana in sede di esperimento giudiziale del
21.6.01, perché solo in questo sono stati dati all'interrogando tutti gli
ammonimenti di cui all'art. 64 c.p.p..
Alla luce di quanto esposto risulta viziata la sentenza impugnata laddove fa
riferimento alle dichiarazioni, assolutamente inutilizzabili, rese dalla ragazza
il 31.10.2000 e confermate il 3.11.01 che costituiscono il presupposto della
decisione di condanna del GIP (oltre a quelle, come detto, rese al P.M. in data
12.12.00).
Questi infatti motiva la condanna utilizzando proprio le dichiarazioni della
ragazza rese il 31.10.01 nelle quali emergerebbe una responsabilità "ai
limiti della premeditazione", peraltro mai contestata dall'accusa.
Ebbene si insiste nel sostenere l'impossibilità di utilizzazione delle
dichiarazioni suesposte e quindi il necessario venire meno del supporto
accusatorio.
2) Il Gip del Tribunale di Treviso
nella sentenza impugnata asserisce che "gli elementi probatori in atti,
consentono di formulare un giudizio penale di responsabilità a carico degli
imputati per l'uccisione di Tonello Luca", e che sia apparsa sin dal
momento dell'arresto una loro "attiva partecipazione al crimine".
Tali considerazioni sono prive di alcun riscontro probatorio ed infondate, per
quanto si espone.
Il Giudice evidenzia una serie di circostanze attinenti le armi del delitto e le
modalità dello stesso, tuttavia non chiarisce quale sarebbe stato il ruolo di
Bertelli Rossana nella commissione dell'omicidio e la sua forma di
partecipazione al crimine.
La presenza della ragazza sul luogo e, per quanto consta, al momento del
delitto, invero, non può significare assolutamente nulla.
E' necessario esaminare molto attentamente gli elementi oggettivi emersi a
seguito delle indagini svolte.
Gli unici elementi probatori in nostro possesso sono le armi del delitto ed
alcune tracce biologiche ed impronte papillari reperite sulle prime e sugli
abiti degli imputati.
Tali elementi, a parere di questa difesa, esaminati dal GIP solo
superficialmente non conducono certamente ad affermare la responsabilità di
Bertelli Rossana per i reati ascritti. Essi sono
LE ARMI
a) la mazzetta: essa appartiene, senza ombra di dubbio, al
Mandalà, il quale l'ha riconosciuta ed il padre ne ha confermato
l'appartenenza.
Su di essa NON SONO STATE REPERITE IMPRONTE APPARTENENTI ALLA BERTELLI.
Non solo. Il Mandalà non ha mai nemmeno insinuato che Rossana Bertelli avesse
utilizzato tale arma; ha sempre sostenuto di averla utilizzata lui stesso e di
averla portata con sé, da casa, la sera del delitto.
Il Gip peraltro prospetta l'ipotesi, peraltro non suffragata da alcun elemento
oggettivo, che abbia partecipato all'uso della mazzetta il terzo uomo presente,
Bertazzoni Gabrio e non certo Rossana Bertelli dalla corporatura esile e minuta.
b) coltello: anch'esso è indubbiamente appartenente al Mandalà,
che l'aveva a disposizione in macchina.
Egli ammette ripetutamente di averlo utilizzato e di essersi persino ferito; un
tanto risulta inequivocabilmente dagli atti: per tale motivo, invero, egli non
si era presentato al lavoro il giorno seguente l'omicidio.
Sul manico del coltello è stata reperita un'impronta papillare che viene
attribuita a Rossana Bertelli. In primo luogo si contesta tale attribuzione,
posto che solo 9 minuzie sono state coincidenti, laddove ne sarebbero state
necessarie quanto meno 16, come sostenuto dalla giurisprudenza di Cassazione
citata anche nella relazione dattiloscopica eseguita in sede di incidente
probatorio dal Ris : non si può certamente affermare che la riferibilità di
tale impronta a Rossana Bertelli sia stata peritalmente accertata.
Secondo la giurisprudenza seguita in Italia, l'impronta papillare che abbia solo
9 punti caratteristici uguali non è utile giuridicamente per le
comparazioni.
Stupisce per il perito Mar. Grammatico abbia evidenziato nella propria
perizia tali presupposti, recepiti dal sistema italiano per ritenere utile la
comparazione delle impronte papillari, ma si sia poi discostato dalle stesse nel
formulare la conclusione.
In realtà il perito sapeva ex ante che le impronte ritrovate su tale
arma avrebbero potuto essere riferibili alla ragazza, pertanto è stato
suggestionato da tale "pre-giudizio" (lo ammette lui stesso: si veda
pagg. 11-12 della deposizione del Maresciallo Grammatico, trascritta
integralmente).
Ma ammesso e non concesso che quella riscontrata sia l'impronta di Bertelli
Rossana, è lo stesso perito che esclude perentoriamente che essa appartenga a
persona che abbia impugnato il coltello; il Maresciallo Grammatico, interrogato
all'udienza del 14.5.2001 (pag. 46 della trascrizione integrale del verbale), ha
confermato che l'impronta indica che chi ha toccato il coltello, in quel momento
lo stava solo maneggiando e non certamente impugnando.
Quest'ultima ricostruzione dei fatti collimerebbe del resto con le
affermazioni degli imputati, i quali hanno sostenuto che la Bertelli avrebbe
preso in mano il coltello, dopo l'omicidio avvenuto per mano del
Mandalà, ma solo per gettarlo.
In ogni caso, si deve evidenziare che la morte di Tonello Luca è stata
provocata dallo sfondamento del cranio avvenuta per mezzo dell'uso della
mazzetta da muratore, come accertato dal CTU prof. Chirillo nella sua relazione
necroscopica e non certamente a seguito delle coltellate, cronologicamente
successive e soprattutto inferte quando il povero Luca Tonello era già morto:
le coltellate non hanno avuto alcuna rilevanza causale con la morte del ragazzo.
TRACCE BIOLOGICHE E IMPRONTE PAPILLARI
In ordine alle impronte già si è detto sub, 1b.
Le uniche tracce di probabile (la perizia dattiloscopica si esprime
proprio in termini di probabilità) sostanza ematica appartenente al profilo
della vittima Tonello Luca sono state riscontrate in due piccolissimi punti sul
braccialetto di legno della ragazza.
Ebbene non si può non evidenziare che tali tracce sono così piccole ed
impercettibili (definite invero "microtracce") che sono
emerse solo a seguito di individuazione con il Luminol.
Ma ci si chiede, può essere tale elemento sufficientemente significativo per
ritenere Bertelli Rossana compartecipe dell'omicidio contestatole.
Certamente no.
Tante invero sono le spiegazioni che possono essere date al rilevamento delle
microtracce e basate sulle stesse dichiarazioni degli imputati:
1) in qualche momento successivo al fatto, Rossana Bertelli ha toccato il
coltello: lo dice lei stessa ed anche il Mandalà, il quale le ha consegnato il
coltello stesso, in preda al panico, forse per aver realizzato solo dopo, ciò
che aveva commesso
2) Rossana Bertelli ha toccato il portafoglio di Tonello, sporco del suo sangue,
perché si trovava addosso alla vittima, e che Mandalà ha recuperato
3) Sicuramente è avvenuto un contatto tra Mandalà, sporco di sangue e Rossana
Bertelli; nessuno infatti può dire che il contatto tra il sangue appartenente
al Tonello e la ragazza sia stato diretto. Può essere avvenuto indirettamente,
per via mediata da cose o persone (Mandalà); ipotesi peraltro avvalorata dal
fatto che tali macchie sono quasi impercettibili.
E' necessario poi tenere presente l'impossibilità di stabilire la data in cui
si sia formata la traccia, come dichiarato dal perito Ten. Linarello nella
propria deposizione.
In buona sostanza, le uniche tracce di sangue appartenenti al Tonello sono state
trovate, in misura infinitesimale, sul braccialetto della Bertelli - e
innumerevole sono le ipotesi che possono giustificare tale circostanza, di cui
solo a titolo di esempio se ne sono evidenziate alcune, in quanto sugli abiti
oggetto di sequestro da ella indossati la sera dell'omicidio, nulla è stato
rilevato.
I periti concludono, nel corso dell'incidente probatorio, che il materiale
genetico (e non sangue, si badi bene) ritrovato sui jeans e sul maglione della
ragazza era talmente esiguo da ritenersi al limite della soglia minima di
rilevazione (pag. 8 della perizia dattiloscopica capitolo denominato
"ANALISI DEI POLIMORFISMI DEL DNA" "estrazione e
quantificazione del DNA").
Erra clamorosamente il Gup laddove sostiene (pag. 2 ultimo capoverso sentenza
impugnata) che sia stata accertata la presenza di tracce di sangue della
vittima e del Bertazzoni sui pantaloni della Bertelli!
E' lo stesso perito P. Linarello a pag. 2 della deposizione che afferma che sui
pantaloni jeans della ragazza non si sono evidenziate tracce ematiche evidenti.
Invero sui jeans, come detto, sono state ritrovate solo dopo il rilevamento con
il Luminol alcune tracce latenti di materiale genetico, il cui
profilo può essere coincidente o con quello della vittima o con quello del
Bertazzoni: tale circostanza è assolutamente insignificante, non solo perché
non permette di risalire con certezza al soggetto cui appartengono, ma anche
perché nel materiale genetico sono ricompresi sudore, saliva, lacrime, sperma e
quant'altro e non esclusivamente sangue; per di più sappiamo che la Bertelli ed
il Bertazzoni si sono seduti entrambi alternativamente in macchina al posto
anteriore accanto al conducente: le macchie sono invero presenti nella tasca
posteriore destra dei jeans della ragazza.
Il perito P. Linarello, sentito in sede di incidente probatorio, ha affermato
che la parte predominante del profilo genetico misto estrapolato sui jeans
(reperto 5A) è compatibile con il profilo genetico di Bertazzoni e solo una
parte minoritaria con quello della vittima Tonello Luca.
Ma ancora una volta bisogna tenere presente che non potendo stabilire il momento
di formazione di una traccia, è evidente che i pantaloni avrebbero potuto
essersi sporcati anche nei giorni precedenti l'omicidio.
Gli elementi probatori raccolti, secondo questa difesa, non possono condurre a
concludere che Bertelli Rossana abbia partecipato al delitto, come sostenuto dal
GUP dott.ssa Sanzari.
La sentenza appare quanto mai priva di supporto logico e probatorio, perché non
chiarisce invero il ruolo della ragazza, anzi lo stesso Giudice esclude che la
Bertelli possa aver utilizzato la mazzetta; esclude la rilevanza nell'eventuale
uso del coltello che comunque ammette non essere stato da ella impugnato;
presuppone invece l'esistenza di tracce di sangue appartenenti a Tonello sui
pantaloni della Berteli laddove le indagini dattiloscopiche hanno parlato invece
di materiale genetico; dà rilevanza al fatto che la Bertelli abbia telefonato a
Mandalà la sera stessa del delitto e sia stata trovata in possesso della carta
di credito di Tonello Luca.
Le ultime due circostanze non devono certo stupire, in quanto la ragazza non ha
mai negato la propria responsabilità per la rapina, come affermato nell'unico
interrogatorio utilizzabile nel presente processo e cioè quello reso in sede di
esperimento giudiziale 21.6.2001, l'unico, si ribadisce, in cui siano stati dati
gli ammonimenti di cui all'art. 64 c.p.p..
La rapina doveva avvenire, tuttavia, in modo completamente diverso da come
attuata dal Mandalà.
Egli sarebbe dovuto intervenire a volto coperto, senza armi, e solo tramortire
il Tonello, per derubarlo.
I fatti sono poi andati diversamente.
Assolutamente priva di fondamento è l'affermazione del Gup laddove sostiene che
la versione dei fatti narrati dalla ragazza negli ultimi interrogatori (e per
quanto esposto sub. punto 1 in questa sede consideriamo solamente
l'interrogatorio del 21.6.01, essendo gli altri inutilizzabili) sarebbe poco
attendibile per quanto evidenziato dal perito tecnico del P.M. prof. Cirillo, il
quale avrebbe illustrato nella propria relazione-supplemento di perizia,
depositata il 24.9.2001, contraddizioni con gli elementi raccolti.
In realtà il C.T. rileva contraddizioni nelle affermazioni della ragazza,
condivise dal Gup, inesistenti.
La relazione mette in evidenza alcune circostanze di pochissimo conto:
1) secondo il prof. Chirillo sarebbe falsa la circostanza che il Tonello, a
detta di Rossana Bertelli, avrebbe colluttato con il Mandalà dopo il primo
colpo da questi inferto con la mazzetta. Ebbene, proprio nella relazione
macroscopica a pag. 16 il CTU stesso ammette che sia verosimile che il Tonello
dopo il primo colpo si sia girato ed abbia aggredito verbalmente il Mandalà
anche con una spinta al petto! Ora invece sostiene il contrario. Si
evidenzia che Rossana Bertelli non ha mai detto che vi fu una lotta o una
violenta lite, ma una semplice reazione da parte del Tonello e lo stesso
Mandalà afferma che il ragazzo non si accasciò al primo colpo e si mise a
parlare con una voce "trasformata".
Ad ogni buon conto, se vi sia stata o meno tale colluttazione e reazione del
Tonello, poco importa ai fini del decidere sulla responsabilità della Bertelli.
2) secondo il CT sarebbe inoltre falsa la circostanza secondo cui la ragazza non
avrebbe visto il cadavere del Tonello e ciò perché altrimenti non si
spiegherebbe il sangue reperito sul suo braccialetto; francamente tale
spiegazione è assai lacunosa, sbrigativa e costituisce una forzatura: la
presenza di microtracce di sostanza ematica, come già rilevato, può essere
giustificata da innumerevoli circostanze, non ultima quella secondo cui la
Bertelli ammette di aver toccato il coltello per gettarlo.
In buona sostanza, la relazione esperita dal prof. Chirillo conclude nel senso
che dalle dichiarazioni degli imputati e dagli elementi raccolti emergerebbe una
partecipazione di un secondo soggetto, oltre al Mandalà, nel trasporto del
cadavere di Tonello Luca dalla strada al Sile, anche perché sarebbe stata
trovata un'impronta di una scarpa vicino al corpo (peraltro non attribuibile a
nessuno).
Lo stesso CTU tuttavia non ipotizza assolutamente che tale soggetto possa essere
identificato con Bertelli Rossana, anzi lo esclude, posto che questa è esile e
di corporatura minuta.
E' da escludere quindi che la ragazza abbia partecipato al trascinamento del
cadavere, perché non ne era in grado; peraltro le scarpe da lei indossate
non presentavano assolutamente tracce di fango al momento del sequestro;
ricordiamo che Paramento Stefano, barista, ha affermato che solo Mandalà aveva
le scarpe sporche di fango (pag. 252 all. 6, pag. 113 all. 1, pag. 115 all. 2).
Ma in ogni caso, si dimentica la circostanza risolutiva, rappresentata dal fatto
che il trascinamento del cadavere sarebbe attinente ad un comportamento
successivo all'omicidio e quindi non determinante per affermare una
responsabilità per concorso in omicidio.
Da ultimo si sottolinea che lo stato dei luoghi sulla cui base è stata
ricostruita la dinamica dell'omicidio da parte del prof. Chirillo è stato
sicuramente soggetto a modifiche e ciò perché l'omicidio è avvenuto verso le
22.30 del 30.10.2000 mentre i primi rilievi sono stati eseguiti
circa 15 ore dopo: via Alzaia è zona di pubblico passaggio, frequentata da
persone e animali - soprattutto cani - che possono, come è altamente probabile,
aver spostato le tracce di sostanza ematica trovata sulle foglie e sul ghiaino
della stradina e quindi aver modificato sostanzialmente i luoghi.
Si consideri che è stato proprio un cittadino che passeggiava per via Alzaia
con il proprio cane, che ha reperito il cadavere e con ogni probabilità,
seguendo proprio le tracce di sangue può avere sovvertito la posizione
originaria.
un tanto per dimostrare che anche i presupposti sulla cui base sono stati
eseguiti sia l'esperimento giudiziale sia la perizia del prof. Chirillo, non
sono certamente attendibili.
Alla luce di quanto esposto ci si domanda, posto che non vi sono elementi
oggettivi significativi, tali da poter affermare una qualche partecipazione di
Rossana Bertelli all'omicidio di Tonello Luca, su quale fondamento si basi la
sentenza di condanna.
Come già evidenziato in precedenza, essa non può che fondarsi sulle
dichiarazioni rese dagli imputati nel corso del procedimento, che per quanto
detto sub. 1 sono assolutamente inutilizzabili.
In ogni caso, le dichiarazioni autoaccusatorie rese da Bertelli Rossana il
31.10.00, non confortate peraltro da prove forti e sicure, come detto, non sono
state utilizzate come fondamento della sua responsabilità per omicidio, nemmeno
dall'accusa, che, consapevole della loro inutilizzabilità, non ha ritenuto di
contestare la premeditazione agli imputati.
Ed effettivamente la realtà dei fatti è ben altra.
L'accordo tra Rossana Bertelli e Mandalà Alessandro prevedeva solo ed
esclusivamente la commissione della rapina, che sarebbe dovuta avvenire per mano
del Mandalà, a volto coperto.
Le cose sono andate ben diversamente dal previsto e ciò per esclusiva
determinazione del Mandalà, che, probabilmente in preda ad un raptus, ha ucciso
brutalmente Luca Tonello.
E francamente tale ricostruzione è l'unica che possa dare una qualche risposta
all'efferatezza dell'omicidio, che altrimenti non avrebbe alcuna
giustificazione.
L'intenzione di Bertelli Rossana, come lei stessa dichiara, era solo di
rapinare il Tonello, ma il piano è stato completamente cambiato dal Mandalà,
che si è presentato a volto scoperto e ha poi dato un risvolto del tutto
inedito alla situazione.
Proprio l'inaudita violenza usata dal Mandalà porta ad escludere che si sia
trattato di un omicidio concertato e voluto dagli imputati, ma sia scaturito
esclusivamente da un raptus del Mandalà stesso: forse egli aveva assunto
droghe o forse ha avuto paura.
In ogni caso un fatto è certo: Rossana Bertelli non ha avuto nulla a che vedere
con l'omicidio né per partecipazione materiale né per partecipazione morale.
Sicuramente alla ragazza possono essere addebitate molte colpe, prima di tutte
l'intenzione di rapinare il Tonello, ma certamente non quella di volerlo
uccidere.
Si precisa infatti che i due erano amici, anzi avevano auto una relazione
sentimentale.
Certamente non si vuole esimere Bertelli Rossana da colpa morale per aver in
qualche modo assistito all'aggressione passivamente, tuttavia il suo
comportamento è rimproverabile solo dal punto di vista morale, appunto, e
definibile come semplice connivenza, che non rileva ai fini penali, in quanto si
risolve in una presenza fisica all'omicidio in termini di passività.
"La sola presenza fisica di un soggetto allo svolgimento dei fatti non
assume univoca rilevanza, allorquando si mantenga in termini di mera passività
o connivenza, risolvendosi invece in forma di cooperazione delittuosa
allorquando la medesima si attui in modo da realizzare un rafforzamento del proposito
dell'autore materiale del reato e da agevolare la sua opera, sempre
che il concorrente morale si sia rappresentato l'evento del reato ed abbia
partecipato ad esso esprimendo una volontà criminosa uguale a quella
dell'autore materiale". Cassazione 11.10.2000 n. 12089 .
Rossana Bertelli non ha assunto alcun atteggiamento né di difesa né di
offesa, non ha dato suggerimenti né ha agevolato l'opera del Mandalà.
l'unica sua colpa è quella di aver progettato la rapina, ma certo non
l'omicidio.
Né si è mai configurata l'idea che il Tonello potesse rimetterci la vita.
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Per quanto appena esposto, si chiede che
Bertelli Rossana debba andare assolta per il reato di omicidio, tuttavia nella
denegata ipotesi in cui questa Corte volesse confermare la sua responsabilità
per il delitto di omicidio, si chiede una congrua riduzione di pena in forza
dell'applicazione dell'art. 116 c.p., atteso che la ragazza non ha sicuramente
voluto la morte di Tonello Luca, bensì solamente la rapina.
La giurisprudenza di legittimità esclude, invero, la responsabilità ex art.
110 c.p. del compartecipe allorché egli non abbia commesso l'azione tipica del
reato lesivo della vita.
Al proposito si citano, solo per comodità, certi che questa Corte conosca la
giurisprudenza sul punto, alcune massime in tema di concorso anomalo ex art. 116
c.p.: "In tema di omicidio, consumato o tentato a scopo di rapina a mano
armata il compartecipe il quale non ha commesso l'azione tipica del reato lesivo
della vita o dell'integrità fisica della vittima non può rispondere di
concorso in tale reato, ex art. 110 c.p., sull'erroneo ed apodittico rilievo che
colui il quale ha voluto una rapina a mano armata deve avere ragionevolmente
previsto l'uccisione o il ferimento del destinatario dell'azione criminosa; egli
dell'evento diverso e più grave verificatosi, risponderà a titolo di concorso
anomalo, ex art. 116 c.p., se sarà acquisita la prova che si è concretamente
rappresentato detto evento come possibile conseguenza della azione concordata
col correo, delle modalità di esecuzione di essa e di tutte le altre rilevanti
circostanze di fatto, ovvero non ne risponderà se la detta rappresentazione
sarà ritenuta inesistente." Cassazione, sez. I, 27-04-1992. In Mass.
Cass. pen., 11, 56.
"In tema di concorso di persone nel reato, la responsabilità del
compartecipe ai sensi dell'art. 116 c.p. (concorso <anomalo>) può esser
esclusa soltanto quando il reato diverso e più grave si presenti come un
evento atipico, dovuto a circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili, non
collegato in alcun modo al fatto criminoso su cui si è innestato, oppure quando
si verifichi un rapporto di mera occasionalità idoneo ad escludere il nesso di
causalità; detto rapporto di casualità va inteso nel senso che il reato
diverso commesso dal concorrente deve potersi rapportare alla psiche
dell'agente, nell'ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno
sviluppo logicamente e concretamente prevedibile di quello voluto, in tal modo
configurandosi l'elemento necessario della colpevolezza, sotto le forme del dolo
per il reato concordato e della colpa per l'evento realizzato; il mero motivo
che ha determinato il concorrente a realizzare l'evento non voluto - in presenza
di tutti gli elementi connotanti il rapporto psichico - non assume alcun rilievo
in ordine alla prevedibilità in concreto da parte dell'agente, atteso che non
ha incidenza alcuna sull'oggetto del suo atteggiamento psicologico, per essere
rimaste immutate le circostanze di svolgimento del reato voluto (nella fattispecie,
la suprema corte ha ritenuto la configurabilità, a titolo di concorso ex art.
116 c.p., della responsabilità anche per l'omicidio commesso in occasione di
una rapina). Cass., sez. I, 09-11-1995.
Conseguentemente non potranno trovare applicazione le aggravanti di cui gli art.
576 c.p. n. 1 e 577 n. 4 in relazione all'art. 61 n. 1, in quanto inconciliabili
con la fattispecie del concorso anomalo di cui all'art. 116 c.p..
Per quanto sopra esposto,
chiedono
che questa ecc.ma Corte d'Appello voglia, in
riforma dell'impugnata sentenza, mandare assolta Bertelli Rossana per il delitto
di omicidio di Tonello Luca, con conseguente riduzione della pena inflittale.
IN VIA DEL TUTTO SUBORDINATA
Qualora la Corte volesse ritenere Bertelli Rossana responsabile per
l'omicidio di Tonello Luca, si chiede la riduzione della pena emessa in primo
grado, in forza dell'applicazione dell'art. 116 c.p., concorso anomalo, perché
l'imputata non ha sicuramente voluto la morte di Tonello Luca ma solo la rapina.
Conseguentemente si chiede la non applicazione dell'aggravante di cui
all'art. 576 c.p. n. 1 (nesso teleologico), perché a carattere soggettivo e
incompatibile, per giurisprudenza costante, con l'ipotesi di concorso anomalo in
omicidio (Nell'omicidio l'aggravante del nesso teleologico ex art. 576 n. 1,
c.p.p. ha natura meramente soggettiva e per la sua struttura concerne i motivi
soggettivi dell'agire e non già l'elemento materiale del reato:
conseguentemente, per essere estesa ai concorrenti, è necessario che costoro
abbiano voluto la finalità conseguita dall'agente materiale ed abbiano con
cosciente volontà a tal uopo delegato l'esecutore del reato; ciò in quanto
l'art. 118 c.p. - così come novellato dall'art. 3 l. 7 febbraio 1990 n. 19 -
afferma che le circostanze concernenti, tra l'altro, i motivi a delinquere sono
valutate soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono (fattispecie
relativa ad ipotesi di concorso ex art. 116 c.p. in omicidio non voluto,
rappresentante sviluppo di concordata rapina; affermando il principio di cui
sopra la cassazione ha rilevato che dall'atteggiamento psicologico inerente a
tale anomala figura di concorrente esula qualsiasi rappresentazione e volizione
dei motivi a delinquere - tipici della suddetta aggravante - che hanno
determinato l'autore materiale del reato diverso a realizzarlo, sicché non è
normativamente e logicamente estensibile nei confronti di detto concorrente
l'aggravante del nesso teleologico) Cass., sez. I, 21-10-1994.) nonché
dell'aggravante della futilità dei motivi di cui all'art. 577 n. 4 c.p. in
relazione all'art. 61 n. 1 perché anch'essa di carattere esclusivamente
soggettivo, incompatibile con il concorso anomalo di cui all'art. 116 c.p.;
ferma l'applicazione delle attenuanti generiche.
In via ulteriormente subordinata si chiede la riduzione della pena detentiva -
comminata al massimo - per un giusto equilibrio con quella comminata al
Mandalà, dato il comportamento della Bertelli, ben diverso da quello del
coimputato.
Treviso-Venezia, li 10.04.2002
Avv. Monica
Gallina
Avv. Gianluigi Gallina
firma
firma
La sottoscritta Bertelli Rossana nata a
Treviso il 22.1.1973 dichiara di nominare nel presente grado di giudizio gli
avv.ti Gianluigi e Monica Gallina con studio in Treviso - via Longhin, 12 -
quali difensori di fiducia, ai quali conferisce procura speciale, ai sensi
dell'art. 122 c.p.p., per proporre la presente impugnazione.
Treviso, li 10.04.2002
Bertelli Rossana
firma