INDICE ED INIZIO ARGOMENTO "VITTIME DI REATI"

 

 

POSSIBILITA' DI OTTENERE UN INDENNIZZO DA PARTE DELLO STATO  

 

 

Il Consiglio europeo il 29.4.2004 ha emanato una direttiva che impegna gli stati aderenti ad adottare delle leggi atte ad indennizzare le vittime di reati violenti, entro l’1.7.2005. Ma a tutt’oggi lo Stato italiano non ha adottato dette leggi.  

Fortunatamente su quest’ultima direttiva è intervenuta la Corte di giustizia europea, che il 29 novembre 2007 ha condannato la Repubblica Italiana per inadempienza.

Pertanto ora la vittima di reati violenti dovrebbe avere la possibilità di ricorrere alla Corte di Strasburgo per far valere l’inadempimento, e quest’ultima potrebbe condannare lo Stato italiano a risarcire la vittima.

Il che risulta anche dal messaggio riportato nel forum dell’AIFVS (Associazione Italiana Famigliari e Vittime della Strada) dell’avvocato Gianmarco Cesari, presidente dell’osservatorio della LIDU (Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo) e membro dell’AIFVS stessa.

In esso l’avvocato Cesari precisa che “ogni cittadino può ricorrere a Strasburgo per far valere l’inadempimento” e che “La Corte Europea può riconoscere l’inadempimento compiuto dallo Stato italiano a seguito di idoneo ricorso e conseguentemente condannarlo al risarcimento dei danni subiti.”.

In pratica, quindi, secondo l’avvocato Cesari, presentando un adeguato ricorso alla Corte Europea, una vittima di reati violenti dovrebbe poter ottenere un risarcimento da parte dello Stato Italiano. 

Per quanto riguarda l’importo del risarcimento, il punto 2 dell’articolo 12 della Direttiva del 29.4.2004, stabilisce soltanto che esso debba essere “equo ed adeguato”. Ma potrebbe essere desumibile dalla risoluzione del Parlamento europeo sul Libro verde della Commissione “Risarcimento alle vittime di reati” del 24.9.02, dove nel punto 23 è scritto che Esso “ritiene tuttavia che, fermo il pieno risarcimento dei danni materiali effettivamente subiti, per i danni non materiali sarebbe più adeguato che l’importo del risarcimento fosse determinato e calcolato in conformità della legislazione nazionale prevista per casi simili;”.

Pertanto si tratta di trovare qual’è l’importo del risarcimento previsto per casi simili.

Che potrebbero essere quelli richiamati dalla legge n. 512 del 1999 e cioè quelli relativi alle vittime della criminalità organizzata, per le quali detta legge ha istituito un apposito “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso”.

In detta legge il punto 2 dell’articolo 4 recita che il risarcimento riguarda i danni “accertati in giudizio penale” e il punto 4 dell’articolo 6 recita che “Il Fondo è surrogato, quanto alle somme corrisposte agli aventi titolo, nei diritti della parte civile o dell’attore verso il soggetto condannato al risarcimento del danno”.

In poche parole pare che detta legge preveda che lo Stato anticipi il risarcimento stabilito nella sentenza giudiziaria, per poi cercare di ottenerlo dall’autore del reato. Il che dovrebbe essere giusto e corretto, perché il prevedere un risarcimento che solo difficilmente una vittima potrebbe ottenere, dato che normalmente gli autori di reati violenti non posseggono capitali adeguati, sa tanto di “presa in giro”.

E non si vede il perché una vittima di reati violenti “normali”, debba avere un trattamento di qualità inferiore di quello previsto per le vittime della criminalità organizzata. 

Sul problema del risarcimento esiste anche il parere del Comitato economico e sociale europeo del 25.2.2003, che l’ha fissato in almeno 100.000 euro adeguato annualmente.

Inoltre occorre precisare che i risarcimenti previsti dagli stati che hanno adempiuto alla direttiva europea, risultano diversificati ed anche molto inferiori.

Però dato che lo Stato italiano è stato più “giusto” degli altri stati europei, per le vittime dei reati della criminalità organizzata, una volta condannato dalla Corte europea a risarcire anche le altre vittime, non dovrebbe poter non essere altrettanto “giusto” anche nei confronti di queste ultime.

Comunque in seguito a detta condanna, nel 2010, con la sentenza n. 3145, il Tribunale di Torino per la prima volta ha riconosciuto l’inadempimento dell’Italia alla normativa comunitaria, condannando lo Stato italiano al risarcimento del danno nei confronti della vittima del reato.
Si trattava precisamente di una ragazza che era stata sequestrata e sottoposta a violenze e percosse da parte di due giovani per un’intera notte, i quali si erano poi resi latitanti e che comunque non disponevano di mezzi economici necessari al risarcimento del danno.
Il tribunale torinese, dopo aver accertato il mancato adeguamento dello stato italiano alla normativa sovranazionale sul punto, ha condannato la Presidenza del Consiglio al pagamento della somma di € 90.000,00 alla vittima, a titolo di risarcimento del danno per le conseguenze morali e psicologiche, senza alcuna istruttoria.