INDICE ED INIZIO ARGOMENTO "VITTIME DI REATI"

 

 

OMESSA APPLICAZIONE DELLA CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI, DELL’UNIONE EUROPEA.

 

L'articolo 6 della convenzione recita che "Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale ...".
Nel punto T della risoluzione del Parlamento Europeo sul libro verde della Commissione "Risarcimento alla vittime di reati" è scritto anche "
la vittima del reato ha diritto ad un’equa pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti a un giudice indipendente e imparziale,” che, in pratica, ha lo stesso significato di quanto risulta dall’articolo 6 della convenzione.

 

In effetti la risoluzione del Parlamento Europeo potrebbe non corrispondere ad una vera e propria legge ma, dati i numerosi diritti che gradualmente l’ONU e l’UE hanno riconosciuto alle vittime di reati violenti, si ritiene che pur se non espressamente, l’Unione Europea preveda di garantire anche questo diritto, in quanto facente parte del comune sentire europeo.

Infatti quale cittadino europeo non sarebbe d’accordo che la vittima di un reato violento abbia, almeno, gli stessi diritti dell’autore del reato?

Se la pubblicità e l’equità del processo dovrebbero servire a garantire all’imputato di poter difendersi da tutte le accuse rivoltegli, perché non dovrebbero servire anche alla vittima affinché non vengano nascoste delle accuse?

 

In Italia, invece, non sempre la vittima ha diritto ad un processo equo e pubblico.

Infatti, quando l’autore del reato ritiene che le prove nei suoi confronti siano schiaccianti, allo scopo di ottenere uno sconto della pena di un terzo, in genere chiede di essere processato in base al giudizio abbreviato (detto anche rito abbreviato).

In questo caso il processo è definito allo stato degli atti durante l’udienza preliminare, senza un pubblico dibattito e con la possibilità di ricorrere in appello concessa solo all’imputato.
Però per questa ingiustizia, grazie all'iniziativa della famiglia Tassitani di Castelfranco Veneto di Treviso (alla quale è stata brutalmente assassinata una figlia), nel febbraio 2011 è stato iniziato un discreto passo avanti tramite una legge che rende inamissibile il rito abbreviato nel caso di assassini punibili con l'ergastolo, e cioè solo per gli omicidi aggravati. Ma a tutt'oggi (fine 2012) non ha ancora completato l'iter parlamentare (manca l'approvazione da parte del Senato).

 

E addirittura, se in sede di udienza preliminare, la vittima chiedesse di aggiungere ulteriori imputazioni, magari un’aggravante, il P.M. potrebbe fare a meno di farlo, senza dover dare alcuna giustificazione.

 

Nel presente sito è esposto un caso di un procedimento per un assassinio, che dimostra praticamente quanto qui affermato.

Infatti in esso risulta:

- che il P.M. non ha contestato la premeditazione nel rinvio a giudizio;

- che l’avvocato di parte civile l’ha evidenziata nel documento di costituzione e poi ha chiesto di aggiungerla alle altre aggravanti;

- che il giudice ha chiesto al P.M. se era disposto a fare quanto richiesto e che questi gli ha risposto negativamente;

- che nella sentenza il giudice ha considerato solo le aggravanti contestate e che, quindi, non ha considerato la premeditazione nel calcolo della pena;

- che i giudici dei gradi superiori hanno confermato la pena.

 

La vittima potrebbe non accettare il giudizio abbreviato, ma così non potrebbe assolutamente partecipare al procedimento penale, diritto che è stato stabilito dalla Decisione Quadro del 15 marzo 2001 e da altre numerose risoluzioni, direttive e raccomandazioni dell’ONU e dell’UE.


Una possibile soluzione provvisoria, potrebbe essere che nel rito abbreviato
un P.M. che rifiuta di fare delle imputazioni richieste e dimostrate dalla parte civile, debba giustificarne il perché, e poi sia il Giudice a decidere.