INDICE ED INIZIO ARGOMENTO "UNA PROPOSTA POLITICO-ECONOMICA"
10.2 PROPOSTE DI RIFORMA.
Sarebbe necessario effettuare una riforma del regime obbligatorio che accelerasse il passaggio al metodo contributivo riducendo, quindi, le attuali prestazioni; prima, però, bisognerebbe dare la possibilità al lavoratore che volesse garantirsi maggiori prestazioni, di fruire adeguatamente anche di quelle dei regimi collettivi ed individuali.
Per quanto riguarda il regime obbligatorio, a mio parere, il metodo più giusto è quello contributivo completo (si utilizzano i contributi versati in precedenza dai beneficiari della pensione e non quelli di chi lavora al momento dell'erogazione delle prestazioni), con una rivalutazione in funzione dei tassi di interesse dei titoli obbligazionari. In pratica i contributi dei lavoratori dovrebbero alimentare le riserve per le rendite previdenziali, riserve che potrebbero essere investite in tali titoli e, successivamente, utilizzate per il pagamento delle pensioni. In questo modo ci sarebbe la certezza dei "mezzi per farvi fronte", richiesti dalla costituzione.
Inoltre non ci sarebbe neanche il problema dell'età nella quale andare in pensione, col metodo contributivo la pensione si calcolerebbe in funzione di quanto versato e dell'aspettativa di vita al momento della pensione. Per cui più una persona aspetta e più prende. Comunque si potrebbe porre un limite di importo sotto il quale non sia possibile andare in pensione, onde evitare che lo Stato sia costretto ad intervenire per integrarlo al minimo.
Purtroppo, però, i governi precedenti hanno sperperato il denaro versato dai lavoratori e, di conseguenza, tale possibilità, almeno per ora, non esiste più; ed ora, perciò, è necessario pensare ad una soluzione più realistica.
Una possibilità potrebbe essere quella di calcolare, fin da ora, la quota contributiva per tutti i pensionati, presenti e futuri, e di rivalutare, in base all'indice di rivalutazione prescelto, solo tale quota. In questo modo, gradualmente, gli importi totali reali delle pensioni si avvicinerebbero a quelli del metodo contributivo.
In pratica, per chi è già in pensione, si dovrà calcolare l'importo della rendita a cui avrebbe diritto col metodo contributivo, importo che sarà considerato come quota contributiva e che sarà rivalutato in funzione dell'indice prescelto. La differenza tra l'importo della rendita in pagamento e quella contributiva, costituirà la quota non rivalutabile.
Per chi, invece, fosse ancora in servizio, si dovrà calcolare il valore attuale delle prestazioni a cui avrebbe diritto col metodo retributivo ed il montante risultante da quello contributivo, poi si effettuerà la differenza tra i due risultati, la quale non sarà più rivalutata e sarà utilizzata per calcolare la quota di pensione non rivalutabile.
Per chi avesse iniziato a lavorare dal 96, si applicherà interamente il metodo contributivo come è già previsto nella riforma del 95.
Il periodo relativo al servizio militare potrebbe essere coperto tramite adeguati contributi, prelevati dal bilancio della difesa.
Per quanto riguarda l'indice di rivalutazione, la riforma del 95 prevede che esso sia costituito dal tasso di incremento nominale del PIL ma, a mio parere, sarebbe più giusto che tale indice fosse composto dal tasso di inflazione reale per le famiglie (come cercherò di dimostrare più avanti, l'indice di inflazione ISTAT attuale non misura l'inflazione reale) e da un tasso fisso del 2%.
In questo modo si passerebbe più velocemente al metodo contributivo ottenendo dei risparmi per lo Stato, ma si ridurrebbero le prestazioni di chi è già in pensione o è prossimo ad andarci.
Per limitare i suoi problemi, dato che non avrebbe la possibilità di costruirsi gradualmente una pensione integrativa, dovrebbero essergli concessi degli aiuti e delle facilitazioni per costruirsela abbastanza in fretta.
In pratica bisognerebbe che i regimi collettivo ed individuale tenessero conto anche di queste esigenze.
Probabilmente detti pensionati e pensionandi si lamenteranno perché lo Stato non avrà rispettato gli impegni, ma si potrà rispondere loro che tali impegni non sono conformi alla costituzione, non sono equi, sono stati assunti da governi troppo spreconi e che, in ogni caso, per rispettarli si rischierebbe un "default" dello Stato, che creerebbe loro notevoli problemi economici. Quindi sarebbe meglio anche per loro accontentarsi di quanto lo Stato potrebbe effettivamente, e più giustamente, garantire loro, che comunque sarebbe superiore ai contributi da loro versati rivalutati.
Comunque non sarebbe neanche corretto non affrontare gli eventuali problemi che detta riforma comportasse, anche perché tutti abbiamo contribuito alla formazione dei governi che hanno assunto impegni troppo onerosi e che lo Stato non è in grado di rispettare.
Pertanto a tutti i pensionati potrebbe essere consentito di svolgere un lavoro dipendente senza togliergli la pensione e con delle agevolazioni fiscali, così potrebbe accettare di lavorare con remunerazioni più ridotte, motivando le aziende ad assumerlo.
Per gli altri bisognerebbe intervenire con adeguati aiuti nei casi in cui i valori reali delle pensioni pagate, a causa dell'erosione dell'inflazione, non fossero sufficienti a consentire loro una vita decorosa.