INDICE ED INIZIO ARGOMENTO "UNA PROPOSTA POLITICO-ECONOMICA"

 

 

10.1  SITUAZIONE ATTUALE.

 

Il problema della previdenza è comune a molti paesi industrializzati, ma in Italia è più grave perché, in passato, con i governi di centro sinistra, lo Stato ha preso degli impegni superiori a quanto avrebbe potuto e non ha consentito che si creassero le condizioni affinché, accanto al regime obbligatorio, vi fosse anche quello collettivo.

 

Per il calcolo delle prestazioni del regime obbligatorio, lo Stato è passato dal metodo contributivo a quello retributivo ed è arrivato a far riferimento solo all'ultima retribuzione annua. Così ha stimolato accordi tra dipendenti e datori di lavoro per aumentare lo stipendio dell'ultimo anno allo scopo di ottenere una pensione più elevata per tutta la vita. Inoltre ha erogato le famose pensioni "baby" ed ha regalato anni di contribuzione. Ed ancora, ha usato i contributi previdenziali anche per pagare le pensioni assistenziali e, nell'ambito di queste, ha concesso pensioni di invalidità anche ai cosiddetti falsi invalidi.

Con tali elevate prestazioni che, grazie al minore fiscal drag, arrivavano fino al 90% dell'ultimo stipendio annuo, i lavoratori non avevano l'esigenza di percepire anche una pensione integrativa e, di conseguenza, non si è formata una adeguata domanda per il regime collettivo.

Agendo in questo modo, lo Stato ha assunto degli impegni di spesa senza "indicare i mezzi per farvi fronte" (art. 81 della costituzione). Infatti il sistema previdenziale prevede che il finanziamento delle prestazioni previdenziali sia effettuato utilizzando i contributi di chi lavora nel periodo della loro erogazione ma, in passato, lo Stato si è impegnato ad elargire delle prestazioni future che i contributi prevedibili non potevano essere (e non sono) sufficienti a soddisfare. Pertanto tali impegni di spesa non sono conformi alla costituzione.

 

Comunque, finché gli importi delle pensioni che avrebbero dovuto essere giustamente pagate erano inferiori ai contributi incassati, lo Stato ha potuto andare avanti in quel modo, e cioè sperperando denaro, ma quando sia il numero di pensionati che l'importo delle pensioni è aumentato, ed inoltre il debito pubblico è arrivato a livelli molto elevati, ha dovuto modificare il suo comportamento.

Nei primi anni 90 ha aumentato il numero degli anni a cui far riferimento per il calcolo della pensione (e quindi ne ha ridotto l'importo) ed ha rallentato i pensionamenti per anzianità.

Successivamente, nel 95, ha effettuato una riforma più completa, la quale prevede che, gradualmente, si passi ad un metodo di calcolo contributivo, e cioè effettuato in funzione dei contributi effettivamente versati dal lavoratore, pur continuando ad utilizzare i contributi di chi lavora. In questo modo è possibile che, quando il passaggio sarà completato, si possa avere una bilancia previdenziale vicina all'equilibrio, ma, nel frattempo, ci saranno molti problemi.

 

Infatti ora l'INPS non dispone di fondi o di riserve e le entrate in contributi sono sempre più insufficienti a pagare le pensioni; per questo lo Stato si trova costretto a finanziare i suoi sempre più elevati deficit. Continuando così, Esso potrebbe venire a trovarsi in sempre maggiore difficoltà a far fronte a tali deficit e, quindi, potrebbe dover ricorrere al debito pubblico, mettendo così in notevole difficoltà la nostra economia.

 

Per quanto riguarda il regime collettivo, nel 93 è stata emanata una legge per regolamentare i fondi pensione, che è stata successivamente migliorata ma, a mio parere, non è ancora adeguata alle necessità dei lavoratori. Pertanto bisognerebbe operare per migliorarla ulteriormente.

 

Per quanto riguarda il regime individuale, è possibile stipulare una polizza con una compagnia di assicurazione.