INDICE ED INIZIO ARGOMENTO "UNA PROPOSTA POLITICO-ECONOMICA"
8. OCCUPAZIONE E SOLIDARIETA'.
Per migliorare la situazione occupazionale e riuscire ad avere una maggiore solidarietà che, assieme alla giustizia, consentirebbe la formazione di un forte spirito nazionale, si propone di assicurare a tutti i cittadini di buona volontà la possibilità di godere di adeguate indennità di disoccupazione e di bassa remunerazione in caso di bisogno, di consentire una maggiore elasticità dell'orario di lavoro, di elargire adeguati assegni familiari per i primi due figli e di aiutare i cittadini ai margini della società.
Nell'Europa Unita la disoccupazione è in aumento, soprattutto a causa della crisi finanziaria mondiale, ma anche per merito (o a causa) del progresso tecnologico, che sta facendo incrementare la produttività individuale e, quindi, ridurre la necessità di mano d'opera.
Un'altra causa dell'aumento della disoccupazione è la concorrenza dei paesi dell'Est europeo ed asiatico che hanno costi del lavoro molto più bassi del nostro grazie alle minori retribuzioni dei loro lavoratori. Pertanto le nostre aziende manifatturiere (maglifici, vestiario), per poter produrre a prezzi concorrenziali, devono delocalizzare la loro produzione in tali paesi.
Bisogna anche tener presente che l'aumento della produzione comporterebbe un incremento dei consumi delle materie prime che non sono inesauribili e che, quindi, converrebbe consumare con un po' di parsimonia per non causare una loro carenza ai nostri discendenti.
Ci sono alcuni settori economici nei quali si potrebbe investire senza molti problemi e sono quelli dell'ecologia, del turismo, degli spettacoli, della cultura, dell'agricoltura e, soprattutto, dell'istruzione tecnica e della R&S. In alcuni di essi, però, ci sono attività a basso valore aggiunto che non consentono di ottenere un utile sufficiente a retribuire adeguatamente le persone necessarie a svolgerle.
Ma anche trovando il modo di aumentare di molto i posti di lavoro disponibili, non sarebbe possibile eliminare completamente la disoccupazione, perché l'esperienza dimostra che sotto una determinata percentuale (3 o 4%) non si riesce a scendere; ciò è anche un bene, in quanto consente una disponibilità di mano d'opera per coprire eventuali nuove esigenze produttive; anche il mercato finanziario lo vuole e, nonostante l'attuale mondializzazione della produzione, considera la disoccupazione troppo bassa come un elemento negativo perché causerebbe un rialzo delle retribuzioni e, quindi, anche dei costi di produzione. Pertanto continueranno sempre ad esserci disoccupati involontari che, in base all'articolo 38 della costituzione ed anche per una giusta solidarietà, "hanno diritto che siano provveduti ed assicurati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita", qualora ne fossero sprovvisti.
Per consentire una maggior occupazione bisognerebbe che il livello retributivo del lavoro dipendente fosse stabilito principalmente in funzione del mercato del lavoro delle varie località. Pertanto, dovrebbe essere eliminato anche il recupero automatico dell'inflazione.
Per aiutare i disoccupati involontari e per integrare le remunerazioni più basse, una soluzione potrebbe essere quella che espongo qui di seguito.
Ad ogni cittadino, una volta entrato nel mondo del lavoro anche soltanto iscrivendosi alle liste di collocamento, si da il diritto di ricevere dallo Stato una indennità di disoccupazione che gli consenta il minimo indispensabile per vivere e che potrebbe perdere soltanto se si rifiutasse di accettare un'occupazione, e cioè se non rispettasse il proprio dovere di svolgere un'attività che concorra al progresso della società, come è stabilito dalla costituzione. Nel caso in cui egli trovasse un'occupazione (anche da lavoro autonomo) che non gli consentisse una remunerazione sufficiente per vivere decentemente, lo Stato potrebbe integrarla con una indennità di bassa remunerazione, che dovrebbe essere di un importo inversamente proporzionale alla remunerazione stessa e che egli potrebbe perdere solo se rifiutasse un'occupazione che gli consentisse una retribuzione per la quale non avesse diritto all'integrazione.
Per giustificare detta indennità direi che ritengo più conveniente, ed anche più umano, contribuire alla remunerazione dei lavoratori che non sono stati in grado (o non hanno avuto la fortuna) di avere un'attività ben remunerata, piuttosto che tenerli disoccupati.
Essa potrebbe anche sostituire gli aiuti finanziari che attualmente lo Stato continua ad erogare a determinate imprese (specialmente al Sud), le quali, in loro vece, potrebbero operare una riduzione delle retribuzioni dei propri dipendenti, che sarebbe parzialmente coperta dall'indennità.
La somma di detta indennità con la remunerazione, dovrebbe essere superiore all'indennità di disoccupazione, per fare in modo che anche un'attività poco remunerativa fosse conveniente per il lavoratore, rispetto allo stato di disoccupato. Così potrebbe essere possibile tenere in Italia, almeno in parte, le produzioni che attualmente vengono portate nei paesi che consentono costi del lavoro più ridotti.
Ulteriori attività che potrebbero essere appetibili per i nostri lavoratori sono quelle che attualmente vengono svolte dagli immigrati; non mi pare vantaggioso per il nostro paese avere molti disoccupati e poi far lavorare gli immigrati.
Quindi le aziende dovrebbero poter assumere gli immigrati solo nel caso in cui non siano disponibili lavoratori italiani e, inoltre, l'immigrato non dovrebbe usufruire di alcun aiuto economico e dovrebbe tornarsene a casa sua entro un determinato termine di tempo nel caso restasse senza lavoro.
In pratica, chi avrà avuto la fortuna e/o la capacità di trovare un'occupazione con una remunerazione maggiore, pagherà anche più tasse, tramite le quali potranno essere finanziate le indennità di solidarietà necessarie ad aiutare chi è stato meno fortunato di lui.
Un sistema di questo genere avrebbe anche il vantaggio di combattere la criminalità, organizzata e non, perché tutti avrebbero la possibilità di vivere rispettando la legge e, quindi, sarebbero meno incentivati ad entrare nelle fila della criminalità. Ma, naturalmente, per ottenere questo risultato sarebbe necessario che le istituzioni (Giustizia, finanza, Consob, Polizia, ecc.) funzionassero adeguatamente, onde evitare che qualche cittadino ne approfittasse senza averne il diritto.
Così tutti i cittadini potrebbero avere l'opportunità di iniziare un'attività; magari inizialmente guadagnerebbero poco ma, una volta entrati nel mondo del lavoro, avrebbero la possibilità di dimostrare la loro capacità e volontà, potrebbero specializzarsi di più, migliorare la propria posizione, avere delle idee innovative, mettersi in proprio, assumere personale, ecc..
A titolo di esempio e dimostrazione, desidero riferire una mia testimonianza personale.
Quando avevo 17 anni facevo il magazziniere presso un maglificio e, ogni tanto, portavo delle maglie da un giovane, che aiutava sua sorella a gestire un piccolo laboratorio di maglieria, affinché egli le trattasse chimicamente, tramite un suo particolare sistema, in modo che la loro lana assumesse un aspetto abbastanza simile al cashmere (una lana molto costosa). Questa persona era l'ormai mitico Luciano Benetton che, partendo da zero, è arrivato dove tutti sanno, soprattutto grazie alle sue continue buone idee.
Per aumentare i posti di lavoro ad alto valore aggiunto e, quindi, consentire retribuzioni più elevate ed un incremento del PIL senza aumentare i consumi di materie prime, si dovrebbe puntare su una più adeguata specializzazione della mano d'opera, sul miglioramento della qualità del management delle nostre grandi aziende e sull'incremento degli investimenti in R&S.
Per venire incontro alle necessità delle aziende e dei lavoratori, si potrebbe rendere più elastico l'orario di lavoro. Per esempio si potrebbe prevedere che esso possa andare dalle 20 alle 60 ore settimanali e che per ogni lavoratore possa essere stabilita una media oraria settimanale adeguata alle sue capacità ed esigenze economiche (un giovane potrebbe avere la capacità ed il bisogno di guadagnare di più ed un anziano di meno), compatibilmente con le necessità del suo datore di lavoro. Le eventuali ore straordinarie, che fossero necessarie per i picchi di lavoro, potrebbero essere pagate oppure recuperate nei periodi di bassa necessità produttiva, anche con giornate intere.
A mio giudizio lo slogan "lavorare meno, lavorare tutti" non è molto in linea con la necessità di migliorare la nostra economia, sarebbe meglio permettere a chi lo desiderasse e/o ne avesse bisogno, di lavorare quanto volesse. Guadagnando di più, pagherebbe anche più tasse e contribuirebbe di più a finanziare le indennità di solidarietà, che così potrebbero anche essere aumentate. Inoltre, a mio parere, ci sono attività, come quelle relative alla R&S, nelle quali le normali 40 ore settimanali non sono sufficienti per ottenere buoni risultati.
Con le modalità sopra esposte dovrebbe essere possibile ottenere un incremento dell'occupazione ed una buona solidarietà tra lavoratori, cioè tra i cittadini in grado e con la volontà di lavorare.
Per chi, invece, non fosse in grado di lavorare e non disponesse di un reddito sufficiente per vivere come, per esempio, gli anziani senza pensione, gli invalidi, ecc., dovrà essere prevista una pensione di assistenza o di invalidità; bisognerà, però, punire severamente chi la percepirà senza averne il diritto.
Per aiutare chi ha dei figli minori a carico si dovranno prevedere adeguati assegni familiari che, per non incentivare troppo l'incremento della popolazione, non si dovrebbero erogare oltre il secondo figlio. Due figli vanno bene, ma di più è un lusso che non ci si può permettere, per non incrementare la popolazione.
Bisognerebbe arrivare ad avere una popolazione tale da poter mantenere un equilibrio ecologico che consenta di vivere anche a chi verrà dopo di noi. La Chiesa dovrebbe accettare di aumentare le possibilità di controllo delle nascite, in quanto esso è un male minore rispetto a quello di distruggere le risorse naturali della Terra e di creare quindi difficoltà al proseguimento della vita in futuro.
Anche per questo motivo, bisognerebbe vietare l'immigrazione delle persone di religione islamica, in quanto detta religione ha delle leggi che impongono ai loro aderenti di avere molti figli, in contrasto, quindi, con la necessità di controllare la crescita della popolazione.
Inoltre, anche per i cittadini ai margini della società, cioè per i barboni, bisognerà pensare ad una soluzione che consenta loro di vivere in modo più umano. Non è tollerabile per la nostra coscienza che ci siano persone che dormono negli scatoloni di cartone e che cercano di trovare da mangiare nei rifiuti. Per loro si potrebbero prevedere dei dormitori e delle mense molto economiche, gestiti da ordini religiosi e dal volontariato.
Io credo che, una volta raggiunta una situazione simile a quella che ho descritto, tutti i cittadini italiani si sentiranno più uniti, in quanto chi avrà di più aiuterà gli altri, ma saprà anche di poter contare su un loro giusto e non umiliante aiuto in caso di bisogno. Questa sensazione di solidarietà, assieme a quella relativa alla giustizia, consentirebbe loro di affrontare meglio i sacrifici necessari ad ottenere una buona situazione economica.