Indice ed inizio argomento "ricordo di Luca Tonello"
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RICORSO PER CASSAZIONE AVVERSO ALLA SENTENZA DI PRIMO GRADO, DELLA PROCURA GENERALE DI VENEZIA |
PROCURA GENERALE DELLA
REPUBBLICA
presso la Corte d'Appello di
VENEZIA
(San Marco 4041 - Tel. 041/5217710 Fax 041/5232392)
N. 100/02 R.I.
ALLA CORTE DI CASSAZIONE
ROMA
Propongo ricorso avverso la sentenza 21.1.2002 (depositata l' 1.3.2002 e comunicata il 9.3.2002) del sig. G.I.P. presso il Tribunale di TREVISO con la quale, in sede di giudizio abbreviato, venne affermata la penale responsabilità di MANDALA' ALESSANDRO e BERTELLI Rossana per i delitti di omicidio volontario e rapina con la condanna alle rispettive pene di anni 16 e mesi 10 di reclusione, ed anni 16 e mesi 8 di reclusione, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e declaratoria d'equivalenza rispetto alle contestate aggravanti.
MOTIVI
1) VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 133 C.P. 62 bis
C.P.
2) MOTIVAZIONE MANIFESTAMENTE CARENTE ED ILLOGICA
Nel contesto motivazionale della impugnata sentenza il I° Giudice ha posto in luce, ripetutamente, e con condivisibili argomentazioni, la particolare gravità dei commessi reati, in particolare evidenziando:
1) una sostanziale (ancorché non contestata)
premeditazione
2) una particolare ferocia nell'esecuzione
(ferite al torace con arma bianca) del tutto ultronea rispetto alla finalità
omicidiaria realizzata, fracassando il cranio della vittima con un martello
3) una particolare freddezza e determinazione anche nella fase successiva
all'azione criminosa (onde conseguirne il profitto perseguito e necessario per
"spese voluttuarie e divertimenti";
e tuttavia ha ritenuto, aderendo ad una ormai diffusa prassi giurisprudenziale,
di, concedere le attenuanti di cui all'art. 62 bis C.P., in ragione della
incensuratezza, giovane età, condotta processuale.
Premesso che codesta S.C., con recente giurisprudenza (cfr. Sez. VI^ 28.5.99
- n° 8668 ric: MILENFOVIC - Sez. VI ° 14.1.99 ric: CATONE) ha avuto modo di
precisare come siffatte attenuanti non possono essere intese come oggetto di
benevola e discrezionale "concessione" del Giudice; ma come
riconoscimento di situazioni (non tipizzate) che presentino connotazioni tanto
rilevanti e speciali da esigere una più incisiva e particolare
considerazione ai fini della quantificazione delle pene, con la
conseguenza che il diniego delle stesse può essere legittimamente
fondato sull'apprezzamento anche di un solo dato negativo, (oggettivo o
soggettivo) che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri elementi, il
laconico richiamo al dato anagrafico e del casellario giudiziale appare del
tutto insoddisfacente rispetto ai principi enucleati nella testé ricordata
giurisprudenza, tanto più ove si consideri che la "giovane età" (gli
imputati sono nati, rispettivamente, il 26.8.74 ed il 22.1.73) non
era certo sinonimo di personalità ancora "in fieri" o non
sufficientemente matura per comprendere il disvalore di determinate condotte.
Contraddittorio poi appare la valorizzazione della condotta processuale
(confessione piena resa alla polizia giudiziaria) attesoché dette dichiarazioni
(in parte non confermate avanti al magistrato in parte mutate, nel
prosieguo delle indagini) sono state, a seguito di rituale eccezione della
difesa, espulse dal materiale probatorio, siccome in tutto o in parte
nulle e, pertanto, inutilizzabili.
Nonostante la scarsa incidenza (come ha rilevato il Giudicante) di dette
condotte sulle sorti del processo (atteso, tra l'altro, la avvenuta acquisizione
di prove, generiche e specifiche, imponenti); nonostante la indubbia
fondatezza delle proposte eccezioni, il profilo squisitamente processuale non
può far velo a quello sostanziale (unico rilevante ai fini di valutare la
reale collaborazione degli imputati nell'accertamento della verità, e,
pertanto, il ravvedimento che ne deriva) che vede, entrambi, abbandonare
progressivamente, le iniziali versioni per sostenere una tesi di comodo
lontana anni luce dalla realtà storica; sicché illogico appare parlare di "rivisitazione
critica" delle gravissime scelte delittuose, come leggesi nella
impugnata sentenza. In ogni caso, dovevasi, in coerenza con le premesse
evidenziate in esordio del presente gravame, accedere, così come richiesto
dal rappresentante del PM in udienza, ad un giudizio di subvalenza.
P.Q.M.
Si chiede l'annullamento della impugnata sentenza con ogni conseguenza di legge.
Venezia, 15.3.2002
IL PROCURATORE GENERALE
Dr. Gabriele Ferrari -
Sost
firma